Qi Gong e Taiijiquan strumenti di consapevolezza
Una domanda che spesso chi si avvicina al Qi Gong e al Taijiquan si pone è:
“Queste arti possono essere degli strumenti per divenire più consapevoli, per cambiare se stessi ed evolvere?”
Per rispondere credo sia innanzitutto necessario comprendere alcune caratteristiche dell’essere umano ordinario, ovvero di chi non ha ancora intrapreso alcun lavoro in tal senso. A questo proposito riporto un paio di insegnamenti del Maestro G.I. Gurdjieff scritti dal suo allievo P.D. Ouspensky e tratti dal libro Frammenti di un insegnamento sconosciuto:
Primo insegnamento:
“Bisogna capire che qui non parliamo di eccezioni né di casi accidentali che possono capitare o non capitare, ma di principi generali, di ciò che succede ogni giorno ad ognuno.
L’uomo ordinario, anche se giunge alla conclusione che il lavoro su di sé è indispensabile, è schiavo del proprio corpo.
Non è soltanto schiavo dell’attività visibile e riconosciuta nel suo corpo, ma delle attività invisibili e non riconosciute di esso.
Più particolarmente sono queste ultime che lo tengono in loro potere.
Di conseguenza, quando l’uomo decide di lottare per liberarsi, è prima di tutto il suo corpo che egli deve combattere.
“Vi parlerò ora di un certo difetto di funzionamento del corpo che in ogni caso è indispensabile correggere.
Finché persiste, nessun lavoro, sia morale che spirituale può essere compiuto in maniera corretta. “Vi ricorderete che quando abbiamo parlato del lavoro di ‘una fabbrica a tre piani’ vi ho spiegato che la maggior parte della energia elaborata dall’officina è consumata in pura perdita e specialmente in tensione muscolare.
Questa tensione muscolare inutile assorbe una quantità enorme di energia.
Nel lavoro su di sé l’attenzione deve anzi tutto essere rivolta a questo.
“A proposito del lavoro dell’officina in generale, è indispensabile stabilire che l’aumento della produzione non può avere alcun senso, finché un tale spreco non è stato arrestato.
Se la produzione è accresciuta, mentre lo spreco rimane senza freno e nulla viene fatto per mettervi fine, la nuova energia prodotta aumenterà unicamente questo inutile spreco e potrà persino far sorgere dei fenomeni malsani.
L’uomo deve dunque prima di iniziare qualsiasi lavoro fisico su sé stesso, imparare a osservare e a sentire la propria tensione muscolare: deve essere capace di rilassare i muscoli quando è necessario, cioè far cadere la tensione inutile dei muscoli”.
Questo insegnamento di Gurdjief ci dà un primo responso favorevole, infatti nel Qi Gong e nel Taijiquan tradizionali, trasmessi da un buon Maestro, la capacità di rilassare, di lasciar andare le tensioni, è considerata un elemento fondante, potremmo dire la conditio sine qua non per poterli praticare.
Si dice infatti che la madre di queste discipline è Fang Song termine che in cinese indica uno stato di rilassamento attivo nel quale siamo presenti a noi stessi nel flusso del movimento.
Solo quando creiamo questo stato interiore il Qi Gong e il Taijiquan diventano una vera e propria meditazione in movimento.
Secondo insegnamento:
“Ogni razza, disse, ogni epoca, ogni nazione, ogni paese, ogni classe, ogni professione possiede un numero definito di pose e movimenti che gli sono propri.
I movimenti e le pose, o attitudini, essendo ciò che vi è di più permanente, di più immutabile nell’uomo, controllano la sua forma di pensiero, come la sua forma di sentimento, ma l’uomo non fa uso nemmeno di tutte le pose e di tutti i movimenti che gli sono possibili.
Ognuno ne adotta un certo numero, in conformità alla propria individualità. In tal modo il repertorio di pose e di movimenti di ciascun individuo risulta molto limitato.
“Il carattere dei movimenti e delle attitudini di ogni epoca, di ogni razza e di ogni classe, è indissolubilmente legato a determinate forme di pensiero e di sentimento.
L’uomo è incapace di cambiare la forma dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti fino a quando non ha cambiato il suo repertorio di pose e di movimenti.
Le forme di pensiero e di sentimento possono essere definite pose e movimenti del pensiero e del sentimento, e ognuno ne ha un numero limitato.
Tutte le pose motrici intellettuali ed emozionali sono collegate fra di loro.
“Un’analisi dei nostri pensieri e sentimenti, coordinata con uno studio delle nostre funzioni motrici mostrano che ciascuno dei nostri movimenti, volontari o involontari, è un passaggio inconscio da una posa ad un’altra, entrambe altrettanto meccaniche.
“E’ un’illusione credere che i nostri movimenti siano volontari.
Tutti i nostri movimenti sono automatici e altrettanto lo sono i nostri pensieri e i nostri sentimenti.
L’automatismo dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti corrisponde esattamente all’automatismo dei nostri movimenti; l’uno non può essere cambiato senza l’altro, di modo che se l’attenzione dell’uomo si concentra per esempio sulla trasformazione dei suoi pensieri automatici, i movimenti e le attitudini abituali interverranno tosto nel nuovo corso del pensiero, imponendogli le vecchie associazioni abitudinarie.
“Nelle circostanze ordinarie, noi non possiamo neppure immaginare quanto le nostre funzioni intellettuali, emozionali, e motrici dipendano le une dalle altre; e tuttavia, non ignoriamo come i nostri umori e i nostri stati emozionali possano dipendere dai nostri movimenti e dalle nostre pose.
Se un uomo prende una posa che corrisponde in lui a un sentimento di tristezza e di scoraggiamento, allora egli può essere sicuro di sentirsi molto presto triste e scoraggiato.
Un cambiamento intenzionale di posa può provocare in lui la paura, il disgusto, la nervosità, o al contrario la calma.”
Questo secondo insegnamento pone in evidenza un fatto molto rilevante: da quando nasciamo, se non addirittura da quando siamo nel ventre materno, assorbiamo involontariamente dall’ambiente e dalle persone che ci circondano una serie di abitudini comportamentali, di schemi di pensiero, di sentimento, di postura fisica e di movimento che si sostengono a vicenda creando una sorta di recinto da cui è molto difficile evadere.
Gurdjieff è molto chiaro in proposito: “L’uomo è incapace di cambiare la forma dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti fino a quando non ha cambiato il suo repertorio di pose e di movimenti.”
Tale difficoltà di emancipazione dipende anche dal fatto che l’uomo non è educato all’osservazione di sè stesso e quindi neppure vede il suo recinto, il suo condizionamento, è per così dire nel sonno della coscienza.
Se così non fosse infatti per quale motivo i Maestri di diverse tradizioni parlerebbero di un possibile risveglio?
Torniamo ora alla domanda iniziale:
Il Qi Gong e il Taijiquan possono essere utili per diventare più consapevoli ed evolvere?
Lungi da me l’affermare che tali pratiche da sole possano essere sufficienti a tale e tanto scopo, quello che invece posso con certezza affermare è che possono dare un grande contributo in tal senso e i motivi sono i seguenti:
Innanzitutto in esse è richiesto un lavoro molto approfondito sulla postura del corpo, lavoro che ci porta ad allineare la nostra struttura e a divenire consapevoli di ogni millimetrica inclinazione o sbilanciamento.
Inoltre durante la pratica il corpo viene assestato, plasmato, istante per istante per divenire elastico, forte e funzionale allo scorrimento dell’energia vitale, capace quindi, come un canale, di collegare l’alto con il basso, il cielo con la terra.
Il movimento, orientato in modo volontario secondo dei precisi principi, quali ad esempio l’espansione e il raccoglimento e la forza a spirale, mira alla padronanza degli opposti Yin Yang, espressi in molteplici modi, al fine di raggiungere un sempre maggiore senso di armonia.
In definitiva quindi potremmo affermare che il Qi Gong e il Taijiquan se praticati con costanza secondo una conoscenza esatta ci portano ad una nuova coscienza di movimento che, in linea con quanto affermato da Gurdjieff, corrisponde inevitabilmente anche ad un cambiamento di pensiero e di sentimento.
È interessante notare a questo proposito che spesso l’essere umano prende consapevolezza proprio per differenza, ovvero comprende meglio il freddo quando sperimenta il caldo, comprende meglio il proprio stato d’essere abituale quando sperimenta un nuovo stato d’essere.
Da questo punto di vista quindi queste arti possono divenire degli strumenti che ci rendono più consapevoli del nostro stato di coscienza abituale, dello sforzo necessario per cambiarlo e del nuovo stato relativo alla pratica.
Se e quanto questo nuovo “luogo interiore” sia bello, utile ed interessante solo chi lo sperimenta potrà valutarlo per se stesso.
La domanda che a questo punto chi legge potrebbe porsi è: come e quanto è necessario praticare per ottenere questo cambio di consapevolezza?
Sul come tutto dipende dalla capacità di chi ci insegna di guidarci nella direzione più utile, va da sé quindi che trovare un buon Maestro sia fondamentale.
Riguardo alla quantità di pratica secondo la mia esperienza anche dopo le prime lezioni è possibile assaggiare un senso di maggiore centratura, vitalità ed “interezza”, tuttavia come è facile intuire al ritorno nel flusso delle abitudini quotidiane tutto ritorna come prima.
Solo una pratica costante e quotidiana può spostare l’ago della bilancia verso un cambiamento stabile e duraturo.
D’altro canto sarebbe ingenuo pensare che qualche sporadica lezione possa mutare in modo sostanziale quel groviglio di atteggiamenti e abitudini che abbiamo consolidato nell’arco della nostra intera vita.
Una grande differenza poi è data dal nostro orientamento quotidiano, dentro e fuori dalla palestra, l’evoluzione necessita infatti di una costante ricerca della Verità.
Per concludere vorrei sottolineare che, considerata la portata della domanda iniziale, ritengo di aver dato con questo articolo soltanto un piccolo contributo alla risposta.
Ci sono infatti tanti altri interessantissimi aspetti che rendono il Qi Gong e il Taijiquan degli strumenti di consapevolezza e che mi riservo di approfondire in degli articoli successivi.
– Simone Della Giustina